Una ricetta della tradizione pasquale, che si ripete in varie regioni, tra cui la Liguria (dove si fa di solito coi carciofi). La versione che vi proponiamo è quella umbra: in Umbria non è Pasqua senza agnello! E tutte le nonne umbre lo preparavano in vari modi, tra cui nella ricetta ‘in fricassea’, appunto, che a volte è chiamata anche “agnello brodettato” (soprattutto nella sua versione romana). La ricetta dell’agnello in fricassea viene proposta oramai nell’intero arco dell’anno.
La fricassea è un termine gastronomico che deriva dal francese “fricasser”, una combinazione di “frire”, friggere, e “casser”, spezzare, frantumare. Si tratta di un tipo di cottura in casseruola che viene di solito usato con la carne, di agnello, pollo o coniglio a pezzi, tagliata in stile spezzatino. I pezzi di carne vengono soffritti in burro e cipolla, a cui vengono aggiunti i rossi d’uovo e il succo di limone. La carne di agnello (che è una giovane pecora o montone, di al massimo 12 mesi) è una carne ad alto valore biologico e può essere annoverata tra le carni magre. La sua magrezza, in realtà, dipende molto dal taglio che scegliamo: molte parti sono in realtà grasse e per dunque vanno consumate con moderazione.
È per questo, unito al fatto che si tratta del cucciolo di un animale, che io mi concedo e gusto l’agnello solo in casi eccezionali. Anche per quanto riguardo le uova, mangio con coscienza. Le uova sono davvero l’alimento perfetto. Come per la carne e per il latte, scelgo quelle biologiche. Se l’animale sta bene, anche noi stiamo bene: tutte le ricerche scientifiche confermano che le uova bio sono nettamente superiori alle altre, non solo a livello di gusto, ma anche di principi nutritivi: in particolare contengono più Omega3 e vitamine A ed E.