Arriva in oltre 80 città il festival street food internazionale

Dalla pizza a portafoglio di Napoli alla piadina dell’Emilia Romagna senza dimenticare, tra le tante realtà gastronomiche regionali provenienti da tutta Italia, la polenta con il lardo di Arnad della Valle d’Aosta, la focaccia di Recco della Liguria e il Pinzone di Ferrara. Sono queste alcune proposte di cibo di strada che saranno protagoniste della nuova edizione del “Festival internazionale dello Street Food”, giunto alla quarta edizione e che toccherà più di 80 città italiane da febbraio a dicembre. La prima tappa è a Roma in Piazza Santa Maria Ausiliatrice da giovedì 20 a domenica 23 febbraio. Il festival, organizzato da Alfredo Orofino e teso a ricordare anche le materie che hanno dato vita allo street food italiano (acqua, farina,olio e pomodoro) vedrà per singoli appuntamenti la partecipazione di oltre 30 chef su strada. La manifestazione sarà accompagnata da una proposta internazionale con prodotti della cucina texana, di quella ispanica, indiana, greca, argentina, messicana, tedesca, balcanica, serba, australiana e turca con l’obiettivo di dare una visione internazionale che vede protagonisti, ad esempio, a New York i carretti di Hot dog, ad Istanbul i chioschi del Kebab e a Parigi le creperie sui boulevard.

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ll pane carasau diventa 4.0

Rendere efficiente e sostenibile la produzione artigianale di pane carasau, sfruttando le nuove tecnologie informatiche ed elettroniche proprie dell’Industria 4.0: è l’obiettivo del progetto Iapc, acronimo che sta per “Ingegnerizzazione e automazione del processo di produzione tradizionale del pane carasau mediante l’utilizzo di tecnologie Iot”, che coinvolge i ricercatori di quattro dipartimenti dell’Università di Cagliari. L’idea alla base dell’iniziativa coordinata da Alessandro Fanti, del dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica, è integrare le innovazioni prodotte dalla comunità scientifica con le conoscenze e le competenze della realtà produttiva regionale senza perdere l’artigianalità del prodotto.

“Più nel dettaglio – spiega il professor Fanti, responsabile scientifico del progetto – puntiamo a riprogettare la produzione del pane carasau a partire dalla caratterizzazione chimica degli ingredienti sino ad arrivare al delicato processo di cottura, alle tecniche di confezionamento e alla gestione e stoccaggio in magazzino. Il progetto proporrà inoltre l’utilizzo di accurati modelli matematici e di metodologie di calcolo che consentiranno la riduzione del consumo di energia per unità di prodotto e dei costi associati. Non solo. “Inserendo nei processi di produzione del pane carasau nuove tecniche di gestione e tecnologie dell’informazione e comunicazione (Ict) e Internet of Things (Iot), con particolare riguardo ai sistemi di tracciamento ottici e a radio frequenza – sottolinea il ricercatore – contiamo di ottenere una caratterizzazione più accurata della filiera produttiva dalle materie prime ai semilavorati, garantendo così una maggiore qualità del prodotto finale”.

Il progetto ha una durata di 36 mesi ed è finanziato dal Mise sul Fondo per la crescita sostenibile “Agrifoof Pon I&C 2014-2020” con un importo di quasi 5mln, di cui oltre 2mln di pertinenza dell’Università di Cagliari.

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Una nuova legge per il tartufo

Sarà illustrato alla 57ma edizione di “Nero Norcia”, mostra mercato nazionale del tartufo nero pregiato di Norcia e dei prodotti tipici, il nuovo disegno di legge in tema di raccolta, ricerca, coltivazione e commercializzazione del tartufo. Il testo normativo – spiega una nota – è in dirittura di arrivo. A darne notizia è il presidente della commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Filippo Gallinella che sarà presente all’apertura della manifestazione, in programma venerdì prossimo. “La rassegna espositiva nazionale di Norcia – afferma il parlamentare – è un appuntamento importante per la promozione dei prodotti locali e delle eccellenze umbre, simboli della cultura territoriale e del Made in Italy”. “La kermesse – aggiunge – sarà anche l’occasione per spiegare il nuovo disegno di legge, in dirittura d’arrivo in tema di raccolta, ricerca, coltivazione e commercializzazione del tartufo, argomento che seguo in prima linea da tempo”.

Gallinella sottolinea inoltre che “sono stati fatti grandi passi in avanti in tema di fiscalità e ora si deve intervenire aggiornando alcune norme, soprattutto per proteggere l’ambiente tartufigeno e aumentarne la produttività. La proposta in questione prevede l’istituzione di un piano nazionale della filiera tartufo con la creazione di un tavolo tecnico, in cui saranno riscritte le regole per la ricerca e la raccolta in materia di tartufaie controllate e gestite, e in tema di commercializzazione ed etichettatura. E stato inoltre potenziato il sistema di controlli, con a capo i Carabinieri della tutela agroalimentare, e inasprite le sanzioni”.

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Hostaria Ducale, due grandi chef per la “Cena a 4 mani”

Evento vip a porte chiuse nella serata del 21 gennaio a Genova a ridosso di piazza De Ferrari presso il locale in salita San Matteo Hostaria  Ducale con una cena a 4 mani, non certo qualunque. Di fatto si sono intrecciate le esperienze degli chef Antonio Cuomo e Davide Cannavino per segnare il cambio di passo sul filone della continuità della cucina del ristorante di Enrico Vinelli.

Un vero e proprio caso a Genova, che in pochi mesi si è conquistato parecchie preferenze nel tessuto imprenditoriale, politico e culturale della città quale meta del gusto. Preferenze che non sfuggono al mondo della rete, in particolare nelle ostiche classifiche di Tripadvisor. Se Cuomo ha rivestito il compito di inaugurare le vicende del ristorante completando la chiave progettuale di Vinelli in un periodo che preludeva ai prossimi impegni internazionali, Davide Cannavino raccoglie l’eredità con tutta l’esperienza a cinque stelle e con grande passione per il territorio. “Mi ci ritrovo a Hostaria Ducale – dice Cannavino – così come ritrovo la tradizione e il rispetto della materia nei miei piatti, con i grandi classici di estrazione genovese arricchiti da contaminazioni, ma non stravolti. La celebrazione del valore dei componenti e del gusto si ricercano negli equilibri tra passato e presente. Tra i piatti incuriosenti il sottosuolo che è una stratificazione di prodotti del territorio di questa stagione”. Sfata un mito: “Il segreto non esiste in cucina, semmai è giusto essere completamente trasparenti, tracciare gli ingredienti e la modalità di esecuzione, apprezzo molto i clienti che fanno domande e che si informano ulteriormente, spinti da questa o da quella portata”.

Una scelta matura di cambio del testimone, in una staffetta che non lascia nulla al caso. A cominciare dall’ambiente.  Avvolto da grandi vini in geometrie verticali il locale rivela la preziosità dell’oro, toni neutri e delicati a fare da contraltare all’intenso color caffè sempre con grande misura, tra luci soffuse ed eleganza nel rapportarsi con la clientela esclusiva.  Gli incontri, e quelli a tavola da sempre sono importantissimi, sono una questione di misura e di temperatura. La stessa che ha mixato grandi elementi dai vini Contratto al caviale Niqa con gli elementi della dieta mediterranea più nobile. I presenti hanno potuto degustare capesante atlantiche, burro bruciato alle nocciole e Niqa Caviar, sgombro e verdure in carpione come antipasto. Due i primi: patate, topinambur, radici, castagne e tartufo nero, risotto carnaroli al pomodoro del Piennolo affumicatopolpo arrostito e mozzarella di bufala. A seguire rombo alla piastra, mandorle, prezzemolo e ricotta e quindi il trancio di ombrina, carciofi, liquerizia. Finale da fuochi d’artificio con finocchio, cioccolato bianco e liquirizia dello chef Antonio Cuomo e salvia, limone, nocciola dello Chef Davide Cannavino.

“Sono tutti piatti che fanno parte del loro bagaglio e del loro modo di essere   – ha detto Enrico Vinelli– Abbiamo voluto proseguire sul segno della continuità”. Si ritrova la compostezza, la leggerezza, l’armonia cromatica, la completa gamma di gusto e la libertà dell’interpretazione di abbinamenti classici in questa esperienza totale, che ha coinvolto più sensi. Scrittura visiva e grammatica sensoriale si sono intrecciate nelle portate, così come nei lavori dei due chef, entrambi di altissimo valore.

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Old Fashioned, Negroni e Daiquiri i drink più venduti

Il re dei cocktail classici più venduti al mondo si conferma anche quest’anno l’Old Fashioned, affiancato sul podio dal Negroni e il Daiquiri. Come dire gli intramontabili sono i più gettonati nei banconi dei bar di ogni latitudine secondo The Drinks International Annual Brands Report 2020 che stila la classifica dei primi 50 drink, i best seller su scala globale, intervistando proprietari e bar manager di 106 locali sparsi nel mondo. Nelle prime dieci posizioni al top è appunto l’Old Fashioned che risulta il più venduto secondo il 35% degli intervistati. Il Negroni si conferma nella top ten al secondo posto mentre la medaglia di bronzo va al cubano Daiquiri, che scalza nella classifica dei drink miscelati il Whiskey Sour. Due storici cocktail, uno di casa a Firenze, inventato un secolo fa dal conte Camillo Negroni, l’altro è una icona nel bar La Floridita a L’Havana, il buen retiro di Hemingway a Cuba.

In quarta posizione il Dry Martini che spinto dai sempre più numerosi fan del gin scala quest’anno di due posizioni. Al quinto posto scivola invece il Whiskey Sour, e poi arriva l’exploit dell’Espresso Martini (6/o) che solo nel 2017 era in 27/a posizione. Chiudono la top ten: Margarita, con gli amanti del tequila che spingono questo drink mexican-style dall’ottava alla settima posizione. Seguono Manhattan, e ancora Cuba col Mojito, e Aperol Spritz, l’aperitivo più consumato in Italia.

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Il pane più consumato? Quello di farina bianca

Non ha concorrenti il pane prodotto con farina bianca sulla tavola degli italiani che è scelto dal 72% degli intervistati di un sondaggio Italmopa (Associazione industriali mugnai d’Italia) sui nuovi trend di consumo del pane in Italia e presentato al Sigep di Rimini (Salone internazionale di gelateria, pasticceria e panificazione artigianale). Nella classifica per consumo la farina bianca batte le farine integrali (39%), il pane di semole di grano duro (28%) e quello di farine multi-cereali (24%).

La tendenza, emersa nel corso dell’incontro “I nuovi trend di consumo del pane in Italia. I driver che orientano la scelta del consumatore”, mettono in luce che l’84% degli italiani consuma abitualmente pane contro il 16% che dichiara di non consumare pane o di consumarlo in modo saltuario per motivi soprattutto di natura dietetica e salutistica con un consumo annuo pro-capite nella penisola che è di circa 41 Kg.

Tra le tipologie più “trendy” il sondaggio mette in risalto che il 24% degli intervistati ha dichiarato che intende incrementare il proprio consumo di pane ottenuto da farine bio, il 19% da farine di grani antichi e il 18% da farine macinate a pietra. Solo il 14% dei consumatori intende invece puntare su un consumo maggiore di pane ottenuto da farine di soli grani nazionali/regionali.

“La strutturale riduzione del consumo di pane sembra confermata – commenta il presidente sezione molini a frumento tenero Italmopa Giorgio Agugiaro – anche per il 2019, seppur in misura più contenuta rispetto al passato. Tra le varie tipologie di pane emerge, in particolare, un trend positivo per quelle ottenute da farine di frumento integrale o semi-integrale”.

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Inverno 2020 con l’agrigelato ligure

In Liguria le belle giornate di sole e l’aumento delle temperature, continuano a spingere turisti, e non solo, a scegliere il buon classico gelato come fresco spuntino, facendone volare i consumi fuori stagione che, nel 2019 a livello nazionale, hanno superano i 6 chili a testa. Ad essere preferito è quello artigianale ed è sempre più apprezzata la produzione delle Agri-gelaterie, dove dalla stalla alla coppetta, è garantito l’utilizzo di ingredienti di qualità interamente Made in Liguria.

È quanto afferma Coldiretti Liguria nel sottolineare, anche nelle scelte dei consumatori, gli effetti di un 2019 bollente, che si classifica al quarto posto tra i più caldi dal 1800 ad oggi, e una conseguente sempre più marcata tendenza alla destagionalizzazione di prodotti come il gelato, nonostante l’estate resti la stagione privilegiata per acquistare coni e coppette. Negli ultimi anni, anche nella nostra regione, si sta assistendo ad una crescita continua del valore del gelato, crescita favorita dalla considerazione quale prodotto salutare se, ovviamente, preparato con materie prime di qualità, possibilmente locali. Ed è inoltre proprio la Liguria ad aver avuto un ruolo fondamentale nella storia di questo prodotto e nella sua valorizzazione a livello mondiale: fu infatti il genovese Giovanni Bosio, che nel 1770 aprì la prima gelateria italiana artigianale a New York, ad esportarlo oltre oceano, rendendo famosa la Panera, antica prelibatezza semifredda ligure preparata per far consumare il caffelatte in estate ai bimbi, e aprendo la strada alla moda dell’ice cream americano.

“Dal nostro storico antenato ad oggi – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa – la corsa del gelato ligure non si è più fermata, incontrando il favore del consumatore in ogni parte dell’anno. Ad essere preferito è di gran lunga il gelato artigianale nei gusti storici, anche se cresce la tendenza nelle diverse gelaterie ad offrire “specialità della casa”, come il gelato alla rosa o ai fiori eduli, che vanno incontro alle attese dei diversi target di consumatori, tradizionale, esterofilo, naturalista, dietetico o vegano. Va per questo sottolineata l’importanza della qualità del latte e della frutta nella preparazione del vero gelato: nelle nostre agrigelaterie è particolarmente curata la selezione degli ingredienti, dal latte alla frutta, che sono rigorosamente freschi con gusti a “chilometri zero” perché ottenuti da prodotti locali che non devono essere trasportati con mezzi che sprecano energia ed inquinano l’ambiente”.

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L’extravergine compie 60 anni

Compie 60 anni l’olio extravergine di oliva italiano. E’ con la legge n. 1404 del 13 novembre 1960 che è entrata in vigore la classificazione merceologica con cui ancora oggi in Italia e nel resto del mondo si classifica come “extra vergine” l’olio ricavato dalle olive. Lo ricorda Luigi Caricato, uno dei massimi esperti italiani in campo olivicolo e fondatore di Olio Officina Festival (Oof) che, dal 6 all’8 febbraio a Milano celebra, insieme ai dieci anni del progetto culturale a favore della democratizzazione dell’olio, questo anniversario che attesta un primato italiano nella valorizzazione dell’oro verde.

“Siamo stati i primi al mondo – racconta Caricato, intervistato dall’ANSA – a trovare questa definizione merceologica sessant’anni fa. Si può dire che l’Italia ha inventato l’extravergine e poi tutti gli altri Paesi ci hanno seguito. Una scelta lungimirante dunque che accompagna un prodotto che oggi è cambiato. Sessant’anni fa c’era la categoria, ma mancava mediamente la qualità. Il miglioramento è iniziato negli anni Ottanta, soprattutto grazie alle politiche dell’Unione Europea. Dagli anni Novanta l’esplosione e l’attenzione crescente nella ristorazione e nei consumi.

Un’atmosfera positiva che però ha visto crescere la qualità nell’oliera ma nessuno ha investito negli uliveti. Il fabbisogno italiano annuo – precisa Caricato – è di un milione di tonnellate, delle quali 600 mila per consumi interni e 400 mila da destinare all’export. Non riusciamo a produrre questa quota per mancanza di terreni destinati all’olivicoltura professionale e per rinuncia alla ricerca e all’innovazione. La tradizione sta diventando un abito vecchio ma intramontabile. Il comparto sembra rinunciare al concetto di smartphone in agricoltura e tutti i centri di ricerca sono chiusi così come gli uliveti sperimentali”.

Tutti pazzi per il gelato… italiano e artigianale

Una passione che non ha frontiere: il gelato artigianale è una eccellenza gastronomica prodotta dalle 108.000 gelaterie presenti in 76 diversi Paesi nel mondo che nel 2018 hanno generato un fatturato complessivo di 16 miliardi di euro, con una crescita del 6% rispetto al 2017, migliorando il trend già positivo degli ultimi anni. E’ il Sigep, il salone mondiale del dolciario artigianale di Italian Exhibition Group, che si terrà al quartiere fieristico riminese dal 18 al 22 gennaio, a quantificare il successo di una produzione su cui l’Italia mantiene salda la leadership nel mondo e che l’Europa celebra il 24 marzo col Gelato Day 2020. Nel delineare la geografia dei consumi Sigep precisa che il 60% del giro d’affari è realizzato nel Vecchio Continente, dove si concentrano i principali mercati per presenza di gelaterie e per consumi di gelato artigianale. Dei best performer europei, Spagna e Polonia sono i Paesi che hanno registrato i più alti tassi di crescita – rispettivamente del 4% e del 6% -, con la Polonia che si conferma il mercato più dinamico del momento. Ma è l’Italia che continua a detenere la leadership mondiale sia per numero di punti vendita sia per fatturato, grazie alle 39.000 gelaterie (10.000 specializzate e 29.000 bar e pasticcerie con gelato artigianale) che danno lavoro a circa 150.000 addetti e realizzano un fatturato di 2,8 miliardi di euro, pari a circa il 30% del mercato europeo. Segue la Germania, dove si contano 9.000 gelaterie (di cui 3.300 sono gelaterie pure): di queste, circa la metà (4.500) sono gelaterie di proprietà di italiani, che danno lavoro a oltre 20.000 persone di cui la metà di origine italiana.

Agrodolce

Dal 1° gennaio la nuova legge UE su gamberi e paranza: costeranno di più

Vita dura per gli amanti della frittura di paranza, ma anche per gli appassionati della tartare di gamberi rossi e viola, due specie pregiatissime tipiche delle regioni del Sud Italia dal gusto eccellente. Dal primo gennaio 2020 l’Unione Europea, infatti, cambia le regole per la pesca a strascico nel Mediterraneo occidentale di sei specie molto apprezzate in Italia: il gambero viola, il rosa e il rosso e poi il nasello, lo scampo e la triglia di fango.

Le nuove norme comunitarie, che si applicano anche a Spagna e Francia, puntano a tagliare le giornate in mare dei pescatori del 10%, percentuale che potrebbe arrivare al 40% nei prossimi quattro anni, e questo dalla Liguria alla Sicilia settentrionale, inclusa la Sardegna e a ridurre quindi lo sforzo di pesca complessivo. A ricordarlo è Fedagripesca-Confcooperative Pesca nel Mediterraneo, evidenziando che Bruxelles introduce anche un periodo di fermo di tre mesi per la pesca dell’anguilla, oltre alla riduzione delle catture e sforzo di pesca per i piccoli pelagici nell’Adriatico e, sempre nell’Adriatico, un limite di sforzo di pesca per i demersali, le specie che vivono nel fondale.

Si tratta di prodotti ittici, quelli toccati dal nuovo regolamento, molto richiesti dal mercato; basti pensare che nasello, scampo e triglia costituiscono il trio simbolo della pesca di paranza. Secondo un’indagine di Fedagripesca, la frittura è un piatto evergreen apprezzato da tre italiani su quattro, entrata di diritto nei regimi alimentari delle diete più avanzate, con i gamberi che sono riservati anche alle occasioni più importanti, spesso consumati al ristorante. I nuovi paletti europei, frutto di un piano pluriennale di ricostituzione degli stock ittici demersali, secondo Fedagripesca, “avranno un impatto importante in un’area di mare dove la pesca a strascico conta il 29% del totale della flotta nazionale, il 25% degli occupati e il 26% della produzione. Parliamo del futuro di 2 mila lavoratori, oltre 700 pescherecci, per una produzione che vale 120 milioni di euro l’anno”.

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Sei milioni di chili di cotechini e 74 milioni di tappi a Capodanno

Per il cenone di fine anno gli italiani hanno speso 2,4 miliardi di euro per i cibi e le bevande che sette italiani su dieci (71%) hanno consumato nelle case, proprie o di parenti e amici mentre gli altri si sono divisi tra ristoranti, trattorie, pizzerie, pub e agriturismi. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixe’ sul bilancio del cenone dalla quale si evidenzia un aumento del 14% della spesa con il ritorno a tavola dei prodotti più tipici della notte più lunga dell’anno.

Sei milioni di italiani hanno trascorso il Capodanno in vacanza per la stragrande maggioranza in Italia dove lo spumante – sottolinea la Coldiretti – si conferma come il prodotto immancabile per nove italiani su dieci (91%) che hanno fatto saltare ben 74 milioni di tappi durante le feste di fine anno, ed è seguito a ruota dalle lenticchie presenti nell’82% dei menu e cotechino e zampone presenti sul 67% delle tavole. Si stima che siano stati serviti – sottolinea la Coldiretti – circa 6 milioni di chili di cotechini e zamponi, con una netta preferenza per i primi. Secondo la Coldiretti durante le feste vengono fatti sparire dalle tavole circa il 90% del totale della produzione nazionale che è in gran parte certificata come Cotechino e Zampone di Modena Igp, ma si rileva anche una apprezzabile presenza di cotechini e zamponi artigianali. Per Forte anche il consumo del pesce nazionale a partire da alici, vongole, sogliole, triglie e seppie con – continua la Coldiretti – il 66% degli italiani che ha assaggiato il salmone arrivato dall’estero, appena il 13% si è permesso le ostriche e il 15% il caviale spesso però di produzione nazionale che viene anche esportata. E per la frutta stravince quella Made in Italy a partire dall’uva presente nel 66% delle tavole anche per motivi scaramantici mentre per il 42% resiste la ricerca dell’ esotico.

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Natale, è stato un pranzo più ricco quest’anno per gli italiani

Gli italiani hanno speso a tavola quasi 2,6 miliardi di euro per i cibi e le bevande consumati tra la cena della vigilia e il pranzo di Natale che quasi nove italiani su dieci (85%) hanno trascorso a casa con parenti o amici. E’ questo il bilancio stimato dalla Coldiretti dal quale emerge un aumento del 9% rispetto allo scorso anno.

Se nel menu della vigilia – continua la Coldiretti – è stato servito soprattutto il pesce presente in 8 tavole su 10 (81%), a Natale prevale la carne e vincono bolliti, arrosti e fritti, dall’agnello ai tacchini, ma anche minestre, zuppe, paste ripiene, cappelletti in brodo e pizze rustiche e i dolci fatti in casa, con il record di una media di 3,8 ore trascorse in cucina per la preparazione dei piatti, secondo l’indagine Coldiretti/Ixè dal quale si evidenzia il ritorno delle grandi tavolate con in media 9 persone a condividere il menu più importante dell’anno.

Lo spumante si conferma come il prodotto immancabile per nove italiani su dieci (91%) e supera la frutta locale di stagione (88%), mentre il panettone con il 79% batte di misura nelle preferenze il pandoro fermo al 72% ma entrambi consumati spesso in abbinamento a dolci locali che vengono fatti in casa in quasi la metà delle famiglie (48%).

La maggioranza delle tavole sono state imbandite con menu a base di prodotti o ingredienti nazionali con una spesa stimata – conclude la Coldiretti – in 900 milioni di euro per pesce e le carni compresi i salumi, 430 milioni di euro per spumante, vino ed altre bevande, 280 milioni di euro per dolci con gli immancabili panettone, pandoro e panetteria, 480 milioni di euro per ortaggi, conserve, frutta fresca e secca, 180 per pasta e pane e 130 milioni di euro per formaggi e uova.