biancomangiare

Biancomangiare

Il biancomangiare è un dolce al cucchiaio che deve il suo nome al fatto che viene preparato prevalentemente con ingredienti di colore bianco Sembra che le sue origini siano arabe, ben presto però questo piatto – in numerose varianti – si diffuse nel sud d’Italia già dal XII secolo e in breve tempo nel resto dell’Europa (in Francia era noto come “blanc manger”).

Da notare come con il nome di “biancomangiare” nel Medioevo e Rinascimento esistevano in realtà diverse tipologie di piatti, a base di carni, pesci, frutta, latticini, spezie.
Il nome era collegato alle preparazione con ingredienti bianchi, colore che rappresentava la purezza e un’idea generale di dietetica, specie durante il lungo periodo di Quaresima.
Il biancomangiare era servito soprattutto nelle case delle classi superiori.

castagnaccio

Castagnaccio

Il castagno era detto anche “ l’albero da pane”, solo questo da l’importanza che i suoi frutti rivestivano nel passato. Con le sue farine infatti si facevano diversi “pani di mescola” con le fatine di diversi cereali. Sulle montagne la farina di castagne ha sfamato come e più di quella del grano. Questo dolce è peraltro comune su tutta la catena appenninica e non solo.
Il castagnaccio, o baldino o pattona, è un dolce tipico preparato con la farina di castagne e arricchito con uvetta, pinoli, noci e rosmarino. Difficile stabilire l’esatta origine del castagnaccio.
Qui è nella versione alla toscana, ma questa ricetta è diffusa anche in Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria, Umbria.

valigini

Valigini

Un piatto della tradizione emiliana, e in particolare reggiana, che non richiede grosse abilità da chef ma risulta comunque ricco, gustoso e sostanzioso, da preparare per il pranzo domenicale o per una bella cenetta sfiziosa. “Valigini” pare derivi dal termine reggiano che si usa per “involtini”, anche e non tutti concordano. Ci sono molte varianti. Oltre a quelle già indicate nella ricetta, ve ne racconto una molto popolare. Preparare la farcia per le fettine con un trito di aglio e prezzemolo, prosciutto tritato finemente, formaggio grattugiato, pangrattato, uova, burro, un pizzico di noce moscata, sale e pepe. Al posto del prosciutto molti, anzi moltissimi! – preferiscono la mortadella. Il concetto come al solito – e questo fa onore alla cucina popolare italiana – era quello di utilizzare gli avanzi, e dunque ognuno farciva le fettine anche a seconda dei prodotti del territorio che i trovavano in quel momento in casa, magari da ‘far andare’. Io preferisco attenermi alla versione col prosciutto crudo, mica per niente il salume italiano più conosciuto al mondo! Sapete chi erano storicamente dei grandi estimatori del prosciutto crudo, eccellenza emiliana? I corsari genovesi! Negli archivi di Stato di Genova sono conservati curiosi documenti sulle fasi di preparazione, da parte dei corsari genovesi, di “crociere di guerra” – circa sei mesi per mare – nel periodo a cavallo tra Settecento e Ottocento. Spessissimo tra i viveri stivati a bordo è ricordato il prosciutto, che per le sue caratteristiche si presta all’uso dilazionato. Imprescindibile – siamo a Reggio Emilia! – è il parmigiano reggiano. Ma che differenza c’è con il Grana padano? Oltre alla zona di produzione, ovviamente, ci sono differenze nella lavorazione; nel latte utilizzato – mediamente quello del Grana è un po’ più magro – e la stagionatura. Altra differenza rilevante riguarda l’alimentazione degli animali: per il Grana è consentito l’uso di insilati. Gli insilati sono ottenuti dalla pianta intera dei cereali che viene trinciata e stoccata in silos. Questa operazione favorisce lo sviluppo di microorganismi che peggiorano le caratteristiche del prodotto; per impedire la formazione di microrganismi si usano dunque dei conservanti, i quali sono invece assolutamente vietati nel caso del Parmigiano.

aggrasatu

Aggrassatu

Una ricetta siciliana di Palermo, l’aggrassatu, un arrostino dal ghiottissimo profumo, grande classico della tradizione di tutta la Sicilia. Lo gustiamo e impariamo a prepararlo con la nostra Matilde Brandi e con lo chef Andrea Cresta.

pansoti

Pansoti al sugo di noci

Non confondeteli mai con i ravioli e verificate che il loro ripieno sia quello storico fatto di erbette selvatiche raccolte sulle alture della Liguria, davanti al mare. I pansoti in Liguria sono una cosa seria. E soprattutto sono buonissimi! La loro tradizione si tramanda di casa in casa, di cuoco in cuoco, di famiglia in famiglia. A seconda delle zone (ma anche delle case) cambia la loro forma, o magari il mix sapiente di erbe che con la ricotta ne costituiscono il ripieno, ma ci sono cose che non vanno dimenticate: la prima è che il condimento dei pansoti è solo uno, la salsa di noci. Il secondo è che la star di questa pasta fresca è il preboggion, che letteralmente significa “prima di bollire”: questo perché le erbe spontanee raccolte sui crinali della dolce Liguria sono poi da bollire insieme per dare quel gusto così speciale ai pansoti.

 

sarde beccafico

Sarde a beccafico

Mandorle tostate sono uno degli ingredienti della ricetta siciliana delle sarde a beccafico. La sarda, pesce azzurro altamente nutriente, si sposa in questa ricetta molto gustosa. Chi è il beccafico? Un uccellino canoro goloso di fichi… che tanto tempo fa veniva cucinato “rimpinzandolo” di una serie di ingredienti speciali. Ma col tempo l’uccellino è stato sostituito, proprio dalle sarde. Che vengono riempite con tanti ingredienti diversi, olive, uva passa, mandorle e tanti altri gusti da scoprire nella ricetta odierna di Matilde Brandi.

brodosilli

Brodosilli

Una ricetta abruzzese, una pasta fresca in brodo, storica della transumanza dei pastori d’Abruzzo.

Una pietanza calda, nutriente, calorica, ma molto semplice: uova e farina per la pasta, lardo e guanciale pestati e brodo per il condimento.

Con questa ricetta torna alla conduzione la nostra Matilde Brandi che ci accompagnerà per diverse settimane, restate con noi!

cxalzone

Calzone di Carnevale

È una sorta di pizza chiusa simile al Calzone di cipolle (con olive e acciughe), sempre tipico della città pugliese di Bari, da cui differisce ovviamente per gli ingredienti del ripieno.

È associato al Funerale di Rocco. Zi Rocco è un fantoccio di paglia che anticamente veniva portato in giro per Bari Vecchia, per poi essere messo su un falò, accompagnato da pianti e grida di dolore che terminavano quando alla fine del corteo subiva lo stesso destino del suo compagno di festeggiamenti Zi Peppe. Questa tradizionale celebrazione del carnevale barese è oramai praticamente scomparsa, mentre è rimasto per fortuna ben in vita il piatto più tipico di quel periodo dell’anno: il Calzone de carn’e recotte”.

Nella ricetta originaria, insieme a farina, carni e ricotta compare senz’altro lo zucchero, ingrediente peculiare di questa preparazione da forno che con il passare del tempo è andato sempre più perduto, adattandosi la composizione degli ingredienti ai nuovi gusti delle famiglie, in cui scompare quasi del tutto l’abbinamento dolce-salato (anche se negli ultimi anni sta tornando un po’ in voga). Noi lo mettiamo, sia nell’impasto (obbligatorio) che nella farcitura. La ricetta originale prevede anche una spolverata di zucchero semolato finale, sulla superficie. Un po’ come avviene per alcuni tipi di empanadas sudamericane. In questo caso, però, la derivazione del piatto sarebbe araba…

Vediamo un po’ gli altri ingredienti. Per quanto riguarda la ricotta, io, come molti, preferisco usare in questa ricetta quella di pecora (il mio consiglio è di lasciarla prima scolare, se necessario) Alternative alle scamorze sono le mozzarelle; al parmigiano, il pecorino. Nella ricetta che compare nel libro «La checine de nononne», del poeta e drammaturgo Giovanni Panza, compare anche una grattatina di scorza di limone nel ripieno.

ciceri e tria

Ciceri e tria

Arriva dagli arabi che un tempo regnavano in Puglia la ricetta dei “Ciciri e tria”, la versione salentina della pasta coi ceci. Tradizione qui vuole che sia una specie di tagliatella, che viene in parte lessata e in parte fritta, unita poi ai ceci, sostanzialmente stufati.

Ciciri” sono chiaramente i ceci, un termine che deriva dal latino; “tria” è la pasta, un termine che deriva dall’arabo (“itriyah”, pasta secca). Il piatto viene chiamato anche “Massa di San Giuseppe”, perchè preparato proprio per il 19 marzo, “Festa del Papà”. Rappresentava il piatto principale delle “Tavole di San Giuseppe”, un rituale antico che si svolgeva quel giorno, durante il quale si allestivano delle grandi tavolate con i prodotti della terra per offrire un pasto ai poveri del paese. Ancora oggi in alcuni borghi si ripete, nel giorno del Santo, questo rituale per fare un voto o ottenere una grazia. Oggigiorno, comunque, il piatto viene preparato durante tutto l’anno.

È forse la pietanza più rappresentativa della tradizione culinaria salentina. Le sue origini si possono trovare negli scritti del poeta latino Orazio, che decantava una minestra composta da ceci, porro e lasagne.

Un piatto povero ma molto gustoso, reso più goloso dal fatto che parte della pasta – i “frizzuli” – viene fritta (tradizionalmente piuttosto in olio extravergine di oliva, non di semi).

L’abbinamento del carboidrato coi ceci la rende poi anche un piatto sano e nutriente. I ceci sono il legume più amato dagli italiani; negli ultimi anni il loro consumo è cresciuto, così come sono cresciuto gli acquisto della loro versione secca (versus scatoletta). È cresciuta e si è arricchita così anche la produzione nostrana, con la riscoperta di antiche varietà, come il cece di Merella del Piemonte, il cece del solco dritto di Valentano nel Lazio o il cece nero del Fortore in Campania.

Non avete tempo di preparare la pasta in casa? Potete comprare delle tagliatelle fresche o utilizzare della pasta secca di forma simile. Meglio che niente, no?

strudel

Strudel

Strudel dei giovani quello della ricetta odierna di Maria Teresa Ruta. Perché ? Intanto perché lei usa la sfoglia già pronta e poi la ricetta è più light.

Due mele, miele, oppure marmellata di albicocche, e ancora nocciole, noci, scaglie di mandorla, fichi secchi, insomma quel che è avanzato dalle feste, un po’ di scorza di limone, olio per ungere, zucchero a velo (o frullato), 1 uovo per spennellare lo strudel prima di informare e un bicchierino di… alcol. Basta aprire il freezer: mandarinetto, limoncino, da spruzzare per dare un aroma sfizioso.

 

carbonara per tutti

Carbonara per tutti

Quante versioni esistono della carbonara? Ma la ricetta ufficiale, lo sanno i patiti, è solo una! Oggi si cimenta nella ricetta di questo classico amato in tutte le case degli italiani la nostra Maria Teresa Ruta.

La Carbonara per tutti è la versione che ci propone oggi, nella proposta della figlia Guendalina Goria, ovvero adatta anche ai vegetariani.
Avocado, pinoli, basilico perenne… la puntata è curiosa e tutta da vedere.

risotto

Risotti dell’Accademia

Tanti risotti diversi, così come sono tradizionalmente raccolti nei ricettari dell’Accademia della Cucina Italiana: li ripropone in questa puntata speciale Maria Teresa Ruta, con il proprietario de “I tre scalini” di Creazzo, Vicenza, che ha portato alla nostra conduttrice il radicchio trevigiano tardivo, un re tra gli ingredienti per i risotti!

Ecco perché in questa puntata Maria Teresa ci propone non una ma due anzi tre ricette diverse: il risotto all’arancia e poi quello al radicchio veneto. E poi, a sorpresa, il risotto con la foglia d’oro ripreso dalla tradizione di Gualtiero Marchesi.
Una puntata speciale tutta da gustare!